Buongiorno Sig. Ambasciatore,
ci racconta la sua esperienza in Albania dal punto di vista istituzionale e personale?
È stata una esperienza molto interessante di grande soddisfazione sia professionale che personale.
L’Albania e il popolo albanese sono estremamente accoglienti ed ospitali, da un punto di vista culturale ci troviamo a casa nostra e quindi non c’è stato nessun tipo di spaesamento o difficoltà di inserimento.
Sono stato accolto sempre con grandissima ospitalità e molto affetto. Da parte albanese, a tutti i livelli, c’è un forte sentimento di grande riconoscenza per ciò che l’Italia ha fatto nei confronti dell’Albania in questi ultimi venti anni. Di questo io ne ho avuto diretta e concreta testimonianza.
L’intensità delle nostre relazioni politiche, economico commerciali, che istituzionali è estremante intenso, rendendo il mio lavoro interessante e di grande soddisfazione.
Può fare un bilancio di questi ultimi quattro anni in Albania?
L’Albania ha fatto in questi ultimi anni dei grandi passi avanti. Il paese cammina e progredisce, tanto che la gente che arriva dice: “il paese è molto meglio di quello che potessi pensare. Molto più moderno, più organizzato, più vivace.” Questi quattro anni mi hanno consentito di vedere una positiva evoluzione del paese nel suo complesso. La nostra presenza in questo arco di tempo si è rafforzata. Abbiamo avuto una forte intensità nei rapporti politici, abbiamo visto tanti imprenditori venire in Albania e quindi anche il bilancio di quello che abbiamo potuto realizzare è un bilancio positivo.
Quale è stato il contributo dell’Ambasciata in questo processo di cambiamento?
Quello su cui abbiamo lavorato e su cui io ho molto insistito è cercare di lavorare come sistema paese. Il rischio con l’Albania è che essendo molto vicina all’Italia, essendo un paese dove si parla in italiano, con nove, dieci collegamenti aerei con altrettante città, c’è una continua affluenza di imprenditori, rappresentanti di regioni, comuni, università, enti di qualsiasi tipo, e questo fa si che si corra il rischio di una parcellizzazione della nostra presenza. Questo ci porta ad essere meno importanti di quello che effettivamente siamo. Io ho cercato in ogni modo di unire le forze e di rafforzare il coordinamento, di presentare un’Italia unica, coerente, in cui gli uni sanno quello che fanno gli altri. Rispondono a questa logica le due grosse manifestazioni che abbiamo organizzato negli ultimi due anni: “La settimana italiana in Albania”, in cui abbiamo avuto più di duecento imprese in quattro settori economici e anche la grossa missione dell’ANCE che ha visto oltre cento rappresentanti, con l’idea di presentarsi tutti assieme uniti, in modo da fare la differenza.
Secondo lei, l’avvio di attività imprenditoriali è un segnale di stabilizzazione sul territorio? Perché?
Assolutamente si, l’interesse è cresciuto molto da parte degli imprenditori italiani per l’Albania e anche da parte di media e istituzioni, anche perché la crisi in Italia porta ad aguzzare l’ingegno. Quando c’è un mercato interno florido c’è meno voglia di andare a cercare mercati fuori, anche perché l’Albania si è presentata come un fattore di novità, piacevole, giovane (età media sotto i 30 anni), un paese dinamico, che è stato capace di esprimere anche una dirigenza politica che ha investito al rapporto con l’Italia. Il Primo Ministro Albanese, Edi Rama, è stato cinque volte in Italia nel corso del suo primo biennio di governo, rivolgendosi direttamente all’opinione pubblica. Ultimamente ha preso parte al convegno annuale dei giovani imprenditori, sorprendendo tutti per il suo italiano impeccabile, caratteristica di molti albanesi.
Quali sono le peculiarità degli imprenditori italiani sul territorio?
L’Italia in Albania è sintomo di qualità. Se lei parla con un imprenditore albanese, lui ha forte l’idea che i prodotti italiani sono dei prodotti di eccellente qualità. La presenza nostra qui è una presenza che non copre tutti i settori, ma è concentrata in alcuni ambiti, favorita anche dalla disponibilità di manodopera di qualità a prezzi competitivi. C’è stata una evoluzione in quanto nei primi anni dopo il regime comunista l’Albania aveva bisogno di tutto e non aveva le capacità per realizzare tutta una serie di cose. Le lacune man mano sono state colmate anche grazie alla collaborazione con noi e alle imprese che sono state create insieme. Oggi la nostra presenza deve essere una presenza di qualità. Il nostro apporto deve essere un apporto di alto livello tecnologico.
Quali sono i loro punti di forza e quali quelli di debolezza?
Ci sono tante imprese che lavorano in Albania da tanto tempo, essenzialmente nel tessile, nel calzaturiero, nel manifatturiero in generale e sono solide, hanno una eccellente collaborazione con i partner albanesi, spesso lavorano principalmente per il mercato italiano,. I punti di forza sono le capacità che gli italiani hanno di entrare in relazione con gli albanesi in modo molto naturale, molto facile e quindi in genere è un connubio di successo che porta raramente a dei contrasti. I punti di debolezza sono quelli classici del nostro sistema: siamo forti dal punto di vista tecnico o del prodotto… ci manca un po’ il marketing.
L’imprenditoria italiana in Albania fa da traino per l’economia albanese nell’ottica dell’ingresso nell’Unione Europea?
Credo che la collaborazione e la cooperazione tra imprenditori italiani e albanesi sia la chiave del successo di questo paese. Voglio ricordare che all’interno della comunità albanese in Italia, che consta di circa mezzo milione di persone, c’è un alto tasso di imprenditorialità. Trenta mila sono le aziende costituite da albanesi in Italia e l’esperienza che molti albanesi hanno acquisito o direttamente in Italia o lavorando in Albania assieme agli italiani è stato uno dei fattori che gli ha consentito di rafforzarsi in termini di conoscenze tecniche, di capacità di produzione, insomma di offerta della loro attività. Questo è stato un fattore molto chiaro, molto evidente e tantissime sono le aziende gestite interamente da albanesi ma con un know how italiano e anche con legami molto stretti con l’Italia, per cui comprano macchinari italiani, materie prime, prodotti intermedi. Insomma c’è un forte legame che è stato un ottimo investimento per noi perché abbiamo comunque dei consumatori delle nostre merci, molto fedeli e molto affezionati, che sono anche una delle ragioni della straordinaria quota del commercio italiano in Albania. Abbiamo una quota del 40% delle merci importate, percentuale che non si realizza in nessuna altra parte del mondo.
Secondo lei l’Albania è pronta per essere un ponte tra Oriente ed Occidente?
Dire oriente, forse è un po’ ambizioso. Ritengo che l’Albania sia un ponte naturale per i Balcani, in quanto può rendere più semplice per una azienda italiana l’affrontare il più ampio mercato nei Paesi dei Balcani occidentali che non sono ancora entrati nella Unione europea. L’Albania per quei paesi è un naturale trampolino di lancio. Per noi è un passaggio naturale ed obbligato. Da Tirana e dall’ Albania in generale si arriva molto facilmente in tutti quei paesi.
Quali benefici possono trarre i due paesi dal reciproco scambio economico e socio-culturale?
Ogni forma di collaborazione è sempre fruttuosa per coloro che ne fanno parte. L’Albania attraverso la collaborazione con l’Italia può riuscire ad entrare in un mercato globale molto competitivo con una offerta più qualificata, magari tecnologicamente più avanzata, con produzioni al passo con i tempi, combinando quello che può avere e cioè una mano d’opera qualificata e a basso costo. Insieme il partner italiano può metterci il know how e la tecnologia e il partner albanese ci può mettere la mano d’opera. L’idea è che ognuno metta le cose per le quali ha un vantaggio competitivo.