Con questa semplice ma diretta domanda la mia amica albanese volle tastare la solidità della mia convinzione personale a trascorrere qualche giorno delle mie ferie in Albania, alla scoperta di luoghi incantati e incontaminati tra le montagne del nord del Paese. Si, sono sicura, risposi, tanto più che la compagnia di gente del posto mi conferiva tutta la tranquillità di cui avevo bisogno. E così, armata di spirito d’avventura e desiderosa di scoprire queste bellezze tanto decantate, ho preso bagagli e famiglia e siamo partiti. Vi ero stata per lavoro diverse volte (anche se solo nella capitale), in questo paese ‘dove tutto è possibile’, dove puoi risolvere ogni cosa con una telefonata e dove nessuno si meraviglia di nulla, dove attacchi a parlare con chiunque, dove i contatti umani, le conversazioni, nascono ovunque e con chiunque, arricchite sempre da battute spiritose, risate e gentilezza, e dove l’ospitalità assume connotati di sacralità. Ora desideravo invece, più che un classico viaggio in montagna, vivere un’esperienza composita, e così è stato: un’esperienza che ha coniugato i benefici di posare gli occhi su paesaggi mozzafiato ad un arricchimento culturale intrecciato con uno gastronomico.
Ma veniamo al viaggio.
Il percorso iniziale fatto sulle ordinarie strade asfaltate del paese è stato alternato – come consueta abitudine albanese – da ripetute soste per il caffè, usanza tutta albanese di rilassarsi, rigorosamente seduti ad un tavolino, con una tazzina, o una birra, e in certi casi una sigaretta, sotto i gazebi bianchi a marchio delle birre locali presenti in ogni dove, anche – come vedrò in seguito – nei posti più impensabili. Poi siamo giunti al punto in cui la strada asfaltata termina, e lì…lasciate ogni speranza o voi ch’entrate (La Divina Commedia – Inferno – Canto III – Dante)… iniziava l’avventura.
La difficoltà e la lunghezza del percorso, fattibile solo con l’impiego di robusti fuoristrada, aumentava il grado di aspettativa, che tuttavia non è rimasta delusa neanche durante il faticoso scombussolamento dovuto al percorso stradale estremamente accidentato. Fuoristrada che si incrociavano in direzioni opposte su sentieri strettissimi, scambi di informazioni al volo con i rispettivi autisti, manovre di passaggio pericolose, decine di chilometri di natura selvaggia, ma abbellite da visioni di altissime montagne con dorsi illuminati dal sole, scoiattoli saltellanti sui sentieri, stretti slarghi per poter fermare l’auto e immergersi in una autentica contemplazione della misteriosa bellezza della natura, solo di quella. E poi l’arrivo a Theth, nome dalla straniera fonetica difficile ad essere pronunciata, ma noto (non a molti tuttavia) per le sue bellezze naturalistiche. Finalmente raggiunta la destinazione, poco prima del tramonto, mi accorgo che è completamente diverso da quello che mi aspettavo. Non si tratta di un paese di montagna, ma di una valle disseminata da casolari piuttosto distanti tra loro, in cui gente del posto vive grazie alla presenza dei turisti affamati, come noi, di un contatto con le origini. La semplicità di vita in questo posto mi stupisce e mi fa riflettere, si può vivere davvero con poco, e anche dignitosamente. Scambi di prodotti della terra, animali, un senso di accoglienza impresso a fuoco nel dna della gente. E poi il ruscello sotto la nostra guesthouse, rifugio spartano ma accogliente di questi due fantastici giorni, il rumore fortissimo della pioggia sul tetto di lamiera, il profumo della montagna bagnata al mattino, il fresco rumore del torrente che scorre incessante proprio lì vicino, capre che scorrazzano liberamente, una donna anziana vestita di nero che ondeggia sotto un carico più grande di lei di rametti di legno sulle sue fragili spalle, tanti dettagli che scandiscono il flusso dei miei pensieri, finalmente liberi di scorrere ma anche di non scorrere, lontani dalla vita di città che talvolta racchiude tutto il nostro misero mondo.
Le escursioni della seconda giornata, affrontate su ripidi e stretti sentieri a pelo di burrone, avevano come destinazione il paradiso terrestre, specchi d’acqua ghiacciata verde cristallina, alimentati da getti d’acqua sorgiva o da alte cascate. L’Occhio Blu come prima tappa, le cascate di Theth come seconda, meritato premio a qualche ora di cammino tra sentieri impervi ed emozionanti. Finanche ripide scale costruite con rami d’albero, pur di raggiungere una luogo incantato, dove mancavano solo i folletti o gli angeli. Ma anche lì, trovavi la tipicità della cultura albanese, quella di non farsi mancare un piacere come quello di una bibita fresca, raffreddata, in una bacinella d’alluminio ‘adattata’, direttamente nelle fredde acque del laghetto, e vendute da una ragazzina dall’aria annoiata. La sera si veniva coccolati dalla signora che ci ospitava, con succulenti pasti ricchi di tipicità del luogo, tutti rigorosamente preparati con materie prime del posto. Stessa cosa la mattina, una sana colazione a base di corposo latte appena munto, frittelle e marmellata appena fatta. Bellissima anche la località di Razma, dove tuttavia ci siamo rifugiati nel nostro desiderato comfort grazie all’alloggio in un bellissimo resort con tanto di ottimo ristorante, bici a disposizione, una bellissima spa interna con piscina, ed è qui che vieni a tastare le enormi diversità che l’Albania può offrire. Si è materializzato anche un dipendente dell’hotel che ci ha accompagnato per una lunga scarpinata alla scoperta di una delle 70 grotte sotterranee presenti in zona, collocata nel mezzo di sterminati campi nella valle di Razma, tra maiali selvatici e gli onnipresenti cespugli di grosse e succose more. Nessuna regola di sicurezza, nessun limite, solo la possibilità offerta di vivere appieno la sensazione di trovarsi nella natura più selvaggia: così è stata decisa la ripida discesa nella grotta, con pericolosi slittamenti sulle pietre, l’uso dei cellulari come torce, e risalite a quattro zampe.
Sulla strada del ritorno verso Tirana era d’obbligo una visita all’alto castello di Scutari, con le sue antiche mura ormai derelitte, un po’ abbandonato al suo destino, ma che ci ha regalato ancora una volta visioni di panorami mozzafiato. Visioni dall’alto completate con il giro sulla teleferica di Tirana, venti minuti di puro godimento nella salita e altrettanti nella discesa, appesi ad un cavo di un impianto moderno di ottima fattura, veicolo per scoprire ulteriori tesori naturali, come alcuni luoghi incantevoli per passeggiate e attività all’aperto, dove abbiamo trovato un parco giochi attrezzatissimo per i bambini e i soliti fantastici bar e ristoranti che non mancano mai. L’Albania, dunque, una scoperta come poche. Ben presto le voci si diffonderanno, e assieme alla crescita del paese e al suo rapido ammodernamento, crescerà anche il numero dei turisti che non si lasceranno scappare questa perla. Sono contenta di poter essere annoverata tra i pionieri di questa scoperta, e nel mio piccolo poter contribuire nel mio paese a sfatare i falsi miti e la coltre spessa dei pregiudizi che come una densa nuvola copre l’azzurro cielo del ‘paese delle aquile’.
Articolo a cura di Laura De Candia*
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